PFAS e correlazione con il metabolismo della vitamina D

da Vitamin D-Journal – UpDates
Riassunto

Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) sono una classe di composti largamente utilizzata nell’industria e nei prodotti di consumo.

Sono resistenti alla degradazione e tendono ad accumularsi nell’ambiente e negli esseri viventi con possibili effetti tossici.

Questi inquinanti sono un problema di sanità pubblica soprattutto in alcune zone della Regione Veneto, ma sono state recentemente isolate in acque provenienti da altre zone d’Italia.

L’acido perfluoroottanoico (PFOA) è la forma predominante nei campioni umani ed è stato dimostrato che induce gravi conseguenze sulla salute, come alterazioni neonatali, neurotossicità e immunotossicità.

Studi tossicologici indicano che gli PFAS si accumulano nel tessuto osseo e ne alterano lo sviluppo.

Studi epidemiologici hanno riportato una relazione inversa tra i livelli ematici di PFAS e la salute delle ossa, soprattutto in termini di densità minerale ossea (DMO).

Osteopenia e osteoporosi sono state evidenziate in più coorti: dalle donne in post-menopausa fino ai giovani uomini. Essendo già dimostrata l’interazione tra questa classe di composti e alcuni recettori ormonali nucleari (come il recettore degli ormoni tiroidei e il recettore androgenico), è stata ipotizzata un’interazione anche con il recettore della vitamina D, il quale è fondamentale per una corretta regolazione del metabolismo fosfocalcico, il principale determinante della densità ossea.

In questo studio vengono sintetizzate le evidenze sperimentali e cliniche a supporto dell’interferenza del PFOA sulla via di segnalazione della vitamina D.

Introduzione

Le sostanze perfluoroalchiliche sono molecole in grado di interferire con il sistema endocrino, ovvero appartengono alla categoria degli EDs (endocrine disruptors).

Si classifica come interferente endocrino qualunque entità chimica o miscela di composti che sia in grado di interferire con un qualsiasi aspetto dell’azione ormonale e che sia quindi responsabile di variarne l’omeostasi.

Gli EDs esercitano la loro tossicità promuovendo la crescita e lo sviluppo tissutale.

È ben conosciuto il meccanismo di interazione col sistema riproduttivo attraverso il legame di queste sostanze con il recettore androgenico (AR) ed estrogenico (ER).

A seguito del legame tra l’interferente endocrino e il recettore si avrà come risposta un’azione di agonismo o antagonismo recettoriale, che si manifesta con aumento o diminuzione della risposta cellulare allo stimolo ormonale fisiologico.

Ascolta il video

Carlo Foresta Dipartimento di Medicina – DIMED, Università degli Studi di Padova

Dai giornali

Pfas, la ricerca: interferiscono con la vitamina D favorendo l’osteoporosi

Una nota sostanza chimica interferisce con la vitamina D, favorendo l’osteoporosi


PFAS Significato

Cosa sono i pfas: la sigla indica Sostanze Perfluoro Alchiliche (acidi perfluoroacrilici) e sono composti chimici, costituiti da catene di atomi di carbonio legate a atomi di fluoro.

Sono composti che, a partire dagli anni cinquanta, si sono diffusi in tutto il mondo, utilizzati per rendere resistenti ai grassi e all’acqua i tessuti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti ma anche per la produzione di pellicole fotografiche, schiume antincendio, detergenti per la casa.

Nel 2013 una ricerca sperimentale su potenziali inquinanti ”emergenti”, effettuata nel bacino del Po e nei principali bacini fluviali da CNR e dal ministero dell’Ambiente, ha segnalato la presenza anche in Italia di sostanze perfluoro alchimiche (PFAS) in acque sotterranee, acque superficiali e acque potabili.

Se smaltiti illegalmente o non correttamente nell’ambiente, i PFAS penetrano facilmente nelle falde acquifere e, attraverso l’acqua, raggiungono i campi e i prodotti agricoli, e perciò gli alimenti.

Gli effetti sulla salute di queste sostanze sono sotto indagine: al momento, sono considerati tra i fattori di rischio per un’ampia serie di patologie.

Si ritiene che i PFAS intervengano sul sistema endocrino, compromettendo crescita e fertilità, e che siano sostanze cancerogene. Alcuni studi hanno ipotizzato una relazione tra le patologie fetali e gestionali e la contaminazione da queste sostanze.

Ai circa 2’000 cittadini residenti nella zona a più elevata concentrazione è stato proposto di sottoporsi a un trattamento di lavaggio del sangue: la plasmaferesi.

Questa tecnica permette di separare la componente liquida di sangue dalla componente cellulare e rimuovere le sostanze dannose.

Queste sostanze non sono presenti naturalmente nell’ambiente ma, sono state prodotte dall’uomo con lo scopo di utilizzarle prevalentemente in campo industriale.

dal sito Acqua e Salute

 


Sostanze perfluoro alchiliche (PFAS) da ARPA Veneto

Al momento le ricerche più assidue sono state fatto in Veneto perché è sempre la prima regione a comparire nelle ricerche per “PFAS”

La Regione è venuta a conoscenza del fenomeno di inquinamento da PFAS il 29 maggio 2013, quando il Ministero dell’Ambiente ha comunicato alla Regione l’esito di uno studio commissionato al CNR- IRSA da cui si evidenziava la presenza di pfas in concentrazioni “preoccupanti” nelle acque potabili di alcuni comuni veneti.

 

PFAS in Veneto
Perché è importante conoscere gli PFAS?
La questione veneta
Inquinamento da PFAS nel territorio veneto
Gli PFAS sono attualmente oggetto di forti controversie.Classificate come inquinanti ambientali ubiquitari, le sostanze perfluoroalchiliche sono presenti (anche solo in piccole quantità) nel terreno, nell’acqua e negli alimenti (vegetali e animali) di tutto il pianeta. D’altro canto la loro concentrazione aumenta molto nelle zone civilizzate e in maniera esponenziale vicino ai luoghi in cui vengono (o venivano) prodotti/lavorati gli PFAS. Dagli scarichi degli stabilimenti in questione, le sostanze perfluoroalchiliche sono infatti capaci di contaminare le falde acquifere utilizzate per l’acqua potabile, per irrigare i campi e per abbeverare gli animali negli allevamenti.
In una particolare zona della regione Veneto (in particolare l’area compresa tra le province di Vicenza, Verona e Padova) la popolazione mostra un elevato e anomalo tasso di PFAS nel sangue. Quest’anomalia è riconducibile soprattutto all’attività di un’azienda locale che sembra aver scaricato grosse quantità di sostanze perfluoroalchiliche nell’ambiente rendendo l’acqua NON potabile, nonostante la potabilizzazione degli acquedotti in funzione; questo nonostante i limiti di PFAS ambientali imposti dalla legislazione italiana siano decisamente più elevati rispetto a Stati Uniti, Germania ecc.

Dati oggettivi sulla presenza di PFAS nell’organismo dei residenti

Purtroppo, l’organismo umano non è in grado di metabolizzare ed eliminare efficacemente gli PFAS; al contrario, come dimostra la situazione attuale, tende invece ad accumularli.

Il bioaccumulo è dovuto al fatto che le sostanze perfluoroalchiliche si legano alle proteine del sangue e, con esse, vengono recuperate durante la filtrazione renale. Le misurazioni effettuate sul plasma di certi abitanti della “zona rossa” sono apparentemente scioccanti; trattasi di concentrazioni che talvolta superano le diverse centinaia di ng/l (valori decine di volte superiori al limite riconosciuto come innocuo per la salute).
Al di la del fatto che nessun cittadino gradirebbe essere esposto in maniera determinante agli PFAS (o ad altri inquinanti), esiste la preoccupante possibilità che questi possano incidere negativamente sullo stato di salute generale e aumentare il rischio di morte. In molti stanno ipotizzando che l’eccesso di sostanze perfluoroalchiliche favorisca l’ipercolesterolemia, problemi alla tiroide, al fegato, ai reni, il tumore dei testicoli, della mammella ecc.

La risposta delle istituzioni all’emergenza PFAS

Per queste ragioni le istituzioni, a singhiozzo e anch’esse governate dall’incertezza, con la solita attitudine allo “scarica barile”, stanno proponendo alcune soluzioni per tutelare la salute dei residenti.
E’ curioso notare che, nonostante la richiesta sia stata fatta con largo anticipo, le analisi sulle concentrazioni di sostanze perfluoroalchiliche negli alimenti (da agricoltura e allevamento locali) abbiano subìto un certo ritardo. Inoltre, mentre inizialmente si era deciso di intervenire sospendendo completamente l’utilizzo dell’acqua locale, oggi viene proposta l’installazione di filtri supplementari al carbone attivo. Peraltro, bisogna anche sottolineare che l’applicazione della cosiddetta plasmaferesi (lavaggio del plasma sanguigno per rimuovere gli PFAS), suggerita dagli enti competenti, è del tutto sperimentale, ovvero non fornisce ha alcuna garanzia di efficacia. 


 

Non sono bastati disastri ambientali ed emergenze sanitarie: l’Italia non ha ancora posto limiti alle sostanze pericolose Pfas. E la crisi politica allontana la soluzione al problema.

Il 21 gennaio una decina di persone si sono ritrovate online per discutere di quali e quanti limiti mettere alla grande famiglia dei Pfas, composti chimici definiti a livello mondiale forever chemicals, non degradabili naturalmente e ritenuti tossici per l’ambiente e l’uomo, molti già elencati nella lista delle sostanze “estremamente preoccupanti” dell’Agenzia europea delle sostanze chimiche (Echa).

Nel nostro paese esiste una delle più vaste contaminazioni europee da Pfas, dove vengono prodotti per la lavorazione delle pelli, che le rende impermeabili, diverse parti delle automobili e centinaia di altri prodotti di vita quotidiana come le padelle antiaderenti, la sciolina fino alle attuali mascherine chirurgiche. Sostanze tossiche rilasciate negli scarichi e non ancora normate a livello legislativo, libere quindi di immettersi nei fiumi, nei terreni, nelle rete idriche fino ai cibi che mangiamo.

La contaminazione di Pfas in Italia

I Pfas in Italia sono prodotti attualmente in Piemonte dalla Solvay Solexis, condannata per disastro ambientale colposo nel dicembre 2019, e in Veneto (fino al 2018) dalla Miteni, fatta fallire a seguito dell’indagine sfociata nel più grande processo italiano per crimini ambientali che a fine marzo vedrà imputati oltre venti dirigenti per disastro innominato, avvelenamento delle acque e fallimento fraudolento. Due realtà collegate tra loro per lo scambio di materiale Pfas (Solvay produce, Miteni lavora) e da un nome, quello di Luigi Guarracino, condannato nel processo contro Solvay e, negli ultimi anni, dirigente Miteni.

Piemonte. La storia di Solvay e la condanna per disastro ambientale

Solvay Solexis è un’industria chimica belga da 13 miliardi di dollari di fatturato e leader mondiale per la produzione di soda e bicarbonato. Produce 35 composti chimici, 14 dei quali sono ufficialmente riconosciuti come sostanze chimiche estremamente preoccupanti dall’Ue. Nella lista delle 35 industrie chimiche mondiali più importanti fatta dalla ong Chemsec, Solvay è al ventottesimo posto per impegno verso l’ambiente e una delle otto industrie a produrre sostanze perfluoroalchiliche.

Nel 2008 uno studio del suolo vicino allo stabilimento Solvay di Alessandria evidenzia la contaminazione del terreno (non solo a opera di Solvay, arrivata da circa vent’anni, ma anche di Ausimont, che vi operava precedentemente).

In pochi mesi l’industria viene portata in tribunale per disastro ambientale e dopo dieci anni, a dicembre 2019, vengono condannati tre dirigenti, uno di Solvay (Guarracino) e altri due di Ausimont.


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